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MICROSCOPIO PORTATILE: DIAGNOSTICARE MALATTIE DA CASA

I ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr di Napoli hanno realizzato un rivoluzionario microscopio portatile che permetterà di diagnosticare malattie come anemia, malaria, HIV e tumori da casa.

I ricercatori hanno realizzato un microscopio portatile in grado di identificare numerose patologie: è un sofisticato laboratorio di analisi, solo che è portatile e in futuro potrà essere utilizzato direttamente a casa. Permetterà di diagnosticare la presenza di virus e malattie, come anemia, malaria, HIV e tumori, grazie a una tecnologia rivoluzionaria, messa a punto dai ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr di Napoli.

La ricerca è stata pubblicata su Nature. Gli studiosi hanno costruito un microscopio olografico con un chip in grado di analizzare sangue, urina e saliva. «La svolta tecnologica è possibile grazie ai dispositivi Lab-on-chip, i laboratori su chip» spiega Vittorio Bianco, uno dei ricercatori. Il fluido da analizzare scorre nei canaletti di cui è dotato il chip. La presenza di micro-elementi ottici permette di avere un microscopio tridimensionale olografico portatile. «È un semplice vetrino da microscopio di alcuni centimetri di lunghezza – dice Bianco – ma è anche uno strumento di misura che fornisce mappe 3D da cui si ricavano i dati quantitativi di elementi biologici, statici o in movimento all’interno di un liquido».

È la prima volta che i ricercatori realizzano una tecnologia che permetterà, in un futuro ormai prossimo, di superare i confini del laboratorio di analisi. Anche i costi di produzione sono limitati. «Il chip consentirà di portare le funzionalità diagnostiche direttamente dal paziente evitando, ad esempio, alle persone anziane di recarsi in un centro di analisi – dicono Melania Paturzo e Pietro Ferraro, studiosi a capo del progetto di ricerca – Inoltre potrà essere usato nei Paesi in via di sviluppo e nei luoghi dove non ci sono strutture adeguate per lo studio e la classificazione dei campioni».

«La tecnologia – dicono i ricercatori – potrà essere applicata per la diagnosi di malattie come anemia, malaria e HIV. Potranno essere identificati i tumori attraverso l’analisi delle cellule tumorali circolanti nel sangue. La stessa tecnologia potrà essere utilizzata al di fuori dell’ambito medico, per esempio per il monitoraggio della qualità delle acque».

Fonte: La Stampa

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cereali integrali

Cereali integrali toccasana per la salute anche contro i tumori

Due studi recenti rilanciano i benefici di questi alimenti che riducono il rischio di disturbi cardiovascolari e malattie respiratorie, ma anche di diabete e di altre patologie croniche.

A distanza di di pochi giorni una dall’altra due riviste prestigiose, Circulation e British Medical Journal (BMJ), pubblicano due studi ‘gemelli’ sui benefici che il consumo di cereali integrali comportano per la salute, riducendo in particolare il rischio di ammalarsi e di morire di malattie cardiovascolari e di tumori, ma anche di diabete, di malattie respiratorie e di altre patologie croniche.

Mortalità per tutte le cause ridotta del 16%

Lo studio pubblicato su Circulation, firmato da Geng Zong e i colleghi del dipartimento di nutrizione della T.H. Chan School of Public Health di Harvard, è una metanalisi che ha analizzato i risultati di 14 studi comprendenti oltre 786 mila pazienti. Il lavoro evidenzia la presenza di una relazione inversa tra consumo di cereali integrali e mortalità sia totale, che per singole patologie. In particolare, secondo i risultati di questa metanalisi, chi consuma più cereali integrali presenta una riduzione del 16% della mortalità per tutte le cause, il 18% in meno di mortalità cardiovascolare e il 12% in meno di quella per tumori. Secondo gli autori questi risultati confermano i consigli delle attuali linee guida sull’alimentazione americane che suggeriscono di consumare almeno tre porzioni di cereali integrali al giorno.

Novanta grammi al giorno

Anche lo studio pubblicato da British Medical Journal è una metanalisi, questa volta di 45 studi (20 dall’Europa, 16 dagli USA e 9 dall’Asia, per un totale di oltre 700 mila partecipanti). Firmato da ricercatori dell’Università di Harvard, dell’Imperial College di Londra e di altre università americane e norvegesi, questo lavoro è andato ad esaminare l’impatto sulla salute derivante dal consumo di 90 grammi al giorno (analisi dose-risposta) di cereali integrali (in pratica l’equivalente di tre porzioni, ad esempio due fette di pane e una scodella di cereali oppure di un pezzo di pane arabo o ‘pita’ di farina integrale). E’ stato inoltre valutato il diverso impatto su malattie e mortalità, confrontando tra loro i grandi consumatori di cereali integrali, rispetto ai non amanti del genere. Gli studi analizzati hanno dimostrato che i grandi consumatori di cibo integrale presentano una ridotta incidenza di mortalità per malattie delle coronarie (-35%), ictus (-15%) e tumori (-11%). Risulta ridotta inoltre del 36% la mortalità per diabete e del 19% quella per malattie respiratorie. Chi consuma regolarmente 90 grammi di cereali integrali al giorno (l’equivalente di 3 porzioni), secondo questa metanalisi, riduce il proprio rischio di mortalità cardiovascolare del 29% e di mortalità per tumori del 15%. Nettamente ridotta anche la mortalità per diabete (- 51%) e quella per malattie respiratorie (- 22%). Anche in questo caso gli autori ritengono che questi risultati confermino l’appropriatezza delle raccomandazioni contenute nelle linee guida dietetiche e invitano tutti ad aumentare il consumo di cereali integrali per ridurre il rischio di patologie croniche e di mortalità prematura.

Proprietà nutritive

I cereali rappresentano un caposaldo dell’alimentazione, trasversale a tutte le culture e forniscono il 56% dell’energia e il 50% delle proteine giornaliere. Il loro consumo è raccomandato da tutte le linee guida dietetiche. Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi gli studi che indicano un beneficio importante per la salute derivante dal loro consumo nella ‘versione’ integrale, quella cioè che contiene anche la crusca e il germe, oltre all’endosperma che è l’unica parte conservata nelle farine cosiddette raffinate. Rimuovere la parte esterna dei cereali significa privarli di una serie di sostanze benefiche per la salute, quali fibre, vitamine del gruppo B, ferro, magnesio e zinco. A sua volta il ‘germe’ contiene antiossidanti, vitamina E, vitamine del gruppo B. L’endosperma contiene invece solo proteine e  carboidrati (quindi calorie), quelli che si ritrovano appunto nelle farine raffinate.

Le linee guida mondiali

Il World Cancer Research Fund già nel 2007 raccomandava di mangiare cereali relativamente poco processati e/o legumi ad ogni pasto. Gli inglesi nelle loro raccomandazioni sono più vaghi e si limitano al consiglio di consumare ‘il più spesso possibile’ cereali integrali e alimenti ricchi di fibre, senza precisarne le quantità. Per gli americani il consiglio delle linee guida è di consumare almeno la metà dei cereali nella versione ‘integrale’, mentre gli Scandinavi raccomandano espressamente di assumere almeno 75 grammi al giorno di cereali integrali (peso secco), l’equivalente di 250 grammi al giorno (otto porzioni) di prodotti a base di cereali integrali. Interessanti i risultati della Danimarca dove in 10 anni è raddoppiato il consumo di cereali integrali; frutto questo di uno sforzo congiunto di industria alimentare, governo e organizzazioni non governative. La Danish Whole Grain Partnership – ricordano in un editoriale sul BMJ Cecilie Kyrø e Anne Tjønneland del Danish Cancer Society Research Cancer – ha definito degli standard di prodotto per assicurare che gli alimenti con il logo ‘cereali integrali’ contengano un minimo stabilito di cereali integrali e non superino un tetto massimo di zuccheri aggiunti e sale.

Perché i cereali integrali proteggono la salute

Una serie di studi hanno dimostrato che i cereali integrali riducono il rischio di obesità e di diabete, due noti fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tumori e mortalità. Le fibre assunte con la dieta in particolare possono ridurre il rischio di tumore, rimuovendo le cellule danneggiate dal tratto digerente, aumentando il volume e riducendo il tempo di transito delle feci, diluendo le sostanze cancerogene, influenzando la flora batterica (microbioma) intestinale, riducendo la concentrazione degli estrogeni. “Almeno il 30% dei tumori è riconducibile ad alterate abitudini alimentari e dello stile di vita”, afferma il professor Saverio Cinieri, direttore oncologia medica e breast unit Brindisi, tesoriere nazionale Aiom.

“Questi dati – prosegue Cinieri – vengono sempre più evidenziati dagli studi retrospettivi ma in parte anche da piccoli studi prospettici. Il nostro gruppo ad esempio ha di recente pubblicato uno studio su 500 pazienti affette da cancro della mammella in terapia adiuvante delle quali abbiamo monitorato il peso per circa 2 anni; è stato così possibile dimostrare che le pazienti che mostrano un aumento di peso di 6 Kg sono a maggior rischio di recidiva di cancro della mammella. Un altro studio di recente pubblicato su Pediatrics dimostra che un congruo consumo di frutta e verdura (almeno 1 frutto e 30 grammi di verdura cotta al giorno) nelle ragazze delle scuole medie superiori diminuisce del 20% il rischio di cancro della mammella prima della menopausa. Come Aiom stiamo raccogliendo dati per un progetto di valutazione sul rapporto tra incremento di peso durante la terapia e aumento del rischio di recidive di cancro della prostata. Tutto ciò – conclude Cinieri – ci conferma che l’obesità è un fattore di rischio anche per il cancro. L’ASCO ha da tempo pubblicato delle norme per una corretta alimentazione e anche l’Aiom sta portando avanti un progetto su questo argomento.”

L’importanza dell’alimentazione

L’alimentazione insomma influisce in maniera importante sul rischio di tumore, come anche un consumo sconsiderato di alcol e il fumo di sigaretta. Negli ultimi anni è emerso da una serie di studi che un consumo esagerato di farine raffinate si correla ad un aumentato rischio di tumore del colon, della mammella e della prostata. “Noi consigliamo ai nostri pazienti – afferma Cinieri – di privilegiare il consumo di cereali e farine non raffinate, scegliendo quelli più vicini a quanto ‘prodotto’ dalla natura”. Un ‘consiglio’ recepito di recente anche dall’industria alimentare, che ha affiancato alle linee classiche di pasta, delle nuove proposte ‘biologiche’, con farine integrali. Questi alimenti trovano tra l’altro una loro collocazione anche nelle diete per perdere peso. “Aumentare il consumo di cibi integrali  – conclude Cinieri – potrebbe dunque proteggere dal cancro del colon e da neoplasie con una corrispondenza endocrina come il tumore della mammella e della prostata, tra le più frequenti nei paesi occidentali”.

I numeri delle malattie. Malattie cardiovascolari e tumori sono le due principali cause di morte in tutto il mondo (nel 2013 hanno causato 25,5 milioni di decessi). Qualsiasi tipo di intervento che riesca a ridurne l’impatto, avrebbe enormi implicazioni di salute pubblica. E gli studi appena pubblicati dimostrano che si può fare molto, da subito, anche solo modificando le proprie abitudini a tavola e nel fare la spesa al supermercato.

Fonte: La Repubblica

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Primi test sull’uomo per il vaccino “universale” contro i tumori

Dopo aver dato buoni risultati nei topi, il vaccino anticancro viene sperimentato su tre pazienti colpiti da melanoma, ma gli esperti restano cauti.

È partita la sperimentazione sull’uomo di quello che potrebbe diventare il primo vaccino “universale” anticancro, progettato per combattere ogni forma di tumore stimolando le difese immunitarie dell’organismo.

Lo annunciano su Nature i ricercatori dell’Università Johannes Gutenberg a Mainz, che lo hanno già testato con successo su topi di laboratorio affetti da diversi tipi di tumore.
Il vaccino è composto da nanoparticelle costituite da una molecola di Rna (specifica per il tumore che si vuole colpire) avvolta da una membrana fatta di lipidi, proprio come quella delle cellule dell’organismo.

Queste nanoparticelle, iniettate per endovena, raggiungono milza, linfonodi e midollo osseo, dove vengono “ingoiate” dalle cellule immunitarie, le cellule dendritiche. Una volta al loro interno, rilasciano l’Rna che contiene le “istruzioni genetiche” per scatenare la risposta immunitaria mirata contro il tumore. Le cellule dendritiche traducono prontamente l’Rna in una proteina tumorale, che scatena la reazione immunitaria specifica mediante la produzione di un’arma molecolare molto potente, l’interferone alfa.

I primi studi preliminari sull’uomo, condotti somministrando una dose ridotta di vaccino a tre pazienti con melanoma in stadio avanzato, dimostrano che è possibile sollecitare una forte risposta immunitaria, ma gli stessi ricercatori si dicono cauti. “Per ora abbiamo ancora un’evidenza clinica limitata, perché abbiamo testato il vaccino su soli tre pazienti. Comunque – spiega l’autore dello studio, Ugur Sahin – questi sono rimasti stabili, il che significa che i tumori hanno smesso di crescere dopo la vaccinazione e per tutto il periodo di osservazione. Nel 2017 – anticipa Sahin – testeremo il vaccino su altri pazienti con diversi tipi di tumore”.

Fonte: Di Lei

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La crisi economica ha fatto aumentare la mortalità per tumori

La crisi economica ha fatto aumentare la mortalità per tumori e malasanità. Tra il 2008 e 2010 oltre 260mila decessi in più.

La crisi economica non ha fatto male solamente alle tasche degli italiani. Ha fatto anche aumentare la mortalità per tumori e malasanità: tra il 2008 e il 2010 sono stati registrati 260mila decessi in più per cancro nei paesi Ocse e circa 160 mila nell’Unione europea.

E’ quanto rivela uno studio pubblicato su Lancet, la prima analisi completa che ha guardato all’effetto della disoccupazione e dei cambiamenti nella spesa pubblica per la salute sui decessi per cancro.

DISOCCUPAZIONE E CANCRO

Gli autori della ricerca, ricercatori delle università di Harvard, di Oxford, dell’Imperial College e del King’s College di Londra, hanno utilizzato dati della Banca Mondiale e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla ricerca di un collegamento tra disoccupazione, spesa sanitaria e mortalità per cancro in 75 nazioni, per oltre 2 miliardi di persone. L’amara conclusione a cui sono arrivati è che sia la disoccupazione, che i tagli alla sanità pubblica giocano un ruolo evidente in queste morti di troppo. Ancora più amara la constatazione che le morti in eccesso sono quelle evitabili, cioè quelle relative a tumori considerati “trattabili” (cioè con un tasso di sopravvivenza superiore al 50%), come quelli di mammella, colon-retto e prostata.

Proprio per i tumori trattabili si è verificata la maggior flessione: i cittadini non hanno avuto accesso alle dovute cure a causa di un reddito inferiore alla media e non sono potuti guarire. È stato calcolato che l’1 per cento di disoccupazione ha corrisposto ad un aumento delle morti dello 0,37 ogni 100mila persone.

TAGLI ALLA SANITA’

“Il cancro è un’importante causa di mortalità in tutto il mondo – afferma il dottor Mahiben Maruthappu dell’Imperial College di Londra – quindi comprendere come i cambiamenti economici possano influenzarne la sopravvivenza è di importanza cruciale. Nel nostro studio abbiamo riscontrato che un aumento dei tassi di disoccupazione si associa ad un’aumentata mortalità per cancro e che la copertura sanitaria universale protegge da questi effetti, soprattutto nel caso dei tumori trattabili. La spesa sanitaria è strettamente correlata alla mortalità per tumore e questo suggerisce che i tagli alla sanità potrebbero costare delle vite”.

Fonte: Qui Finanza

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