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NUOVA NORMA: DAL MESE DI LUGLIO 2018 NIENTE PIU’ STIPENDI IN CONTANTI

Bisognerà dire addio al pagamento dello stipendio in contanti, dal mese di luglio 2018 infatti le aziende potranno retribuire i loro dipendenti solamente attraverso pagamenti tracciabili, in banca o alla Poste. Le multe in caso d’inosservanza possono raggiungere i 5000 euro.

Le aziende che pagavano lo stipendio in contanti ai lavoratori consegnando un importo più basso del netto in busta paga non potranno più farlo. Inoltre, un altro principio delle norma da sottolineare è che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce in alcun caso prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio.

METODI DI RETRIBUZIONE – I datori di lavoro dal 1° luglio 2018 sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione e gli anticipi sulla stessa tramite banca o ufficio postale con uno dei seguenti mezzi di pagamento:

-bonifico sul conto del lavoratore;

-strumenti di versamento elettronici;

-pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale in cui il datore ha un conto corrente di tesoreria aperto con mandato di pagamento;

-assegno da consegnare al dipendente o a un suo delegato, in caso d’ impedimento. (L’impedimento s’intende comprovato se il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale di età non inferiore a sedici anni.)

Teniamo a ribadire che: la firma del lavoratore sulla busta paga non prova l’avvenuto pagamento dello stipendio.

Il divieto di pagare in contanti lo stipendio riguarda coloro che hanno un contratto di lavoro subordinato : a tempo indeterminato; a tempo determinato; a tempo pieno; part-time; contratto di apprendistato; contratto di lavoro flessibile; lavoratori soci di cooperative con contratti subordinati.

ALCUNE ECCEZIONI – Sono poche le eccezioni di lavoratori esclusi dalle riforma sui pagamenti degli stipendi. Tra questi i dipendenti delle PA, i lavoratori domestici (colf, badanti e baby sitter potranno quindi continuare ad essere pagati in contanti), i tirocini, i rapporti autonomi occasionali e le borse di studio.

SANZIONI – Le multe a cui vanno incontro i datori di lavoro che non sono in regola variano da 1.000 euro a 5.000 euro.

Fonte: Adico

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Aziende pubbliche, solo una su otto è puntuale nei pagamenti

Le aziende pubbliche sono sempre più ritardatarie nell’onorare per tempo i propri debiti con i fornitori: solo una su otto (13%) lo fa nel giorno della loro scadenza. Un dato che salta all’occhio se confrontato con la media delle imprese italiane, che nel 35% dei casi pagano puntualmente. A rilevarlo è la Cribis D&B – la società del gruppo Crif specializzata nella Business Information – nella prima edizione dello “Studio dei Pagamenti della Pubblica Amministrazione”, anticipato a Repubblica e realizzato sui dati raccolti fino a marzo 2016.

E anche nei ritardi c’è da fare una distinzione tra ritardatari e “grandi” ritardatari. In quest’ultima categoria rientra infatti quasi il 30% delle aziende della Pa, pagando oltre i 30 giorni dalla scadenza (contro la media nazionale del 13,8%), mentre saldano entro il mese il 57,4% (la media nazionale è del 51,1%). Confrontando i dati con il 2010, è vero che sono cresciuti i pagatori puntuali dell’1,5% ma è anche vero che sono aumentati i ritardatari gravi, passati dal 20 al 29,6%.
“La Pa è un settore strategico per le aziende italiane, essendo la destinataria di una grande quantità di beni e servizi”, commenta Marco Preti, Ad di Cribis D&B. “Perciò il ritardo nei pagamenti ha sicuramente degli impatti molto rilevanti sui flussi di cassa di tutta la filiera ed è una criticità per le aziende italiane. Non mancano però i segnali positivi, come le Asl e la Sanità che hanno ridotto i ritardi oltre i 30 giorni o gli enti territoriali del Nordest e Nordovest che sono più puntuali nei pagamenti rispetto alla media italiana. Ancora non basta ma c’è sicuramente chi si sta impegnando per rispettare i termini o almeno ridurre i ritardi”. Asl e Sanità infatti migliorano di 10 punti percentuali la posizione dei ritardi gravi, che scendono al 39,8%. Resta comunque un settore molto critico perché solo il 4,1% della aziende paga puntualmente. “Nel settore pubblico il comportamento di pagamento è lo specchio più fedele dell’affidabilità e della solidità finanziaria di un possibile cliente” continua Preti. “Come è già avvenuto per le imprese, anche i fornitori della Pa inizieranno a valutare e a offrire condizioni migliori a quelle realtà che sono più virtuose e attente al rispetto dei termini di pagamento. Anche per Comuni, Regioni, Asl e tutti gli altri soggetti della Pa essere dei buoni pagatori sarà un fattore sempre più determinante nella costruzione della propria reputazione”.

Analizzando gli Enti Territoriali, i virtuosi sono il 12,7%, mentre il 56,2% pur non essendo puntuali, non vanno oltre il mese dalla scadenza. Ma il dato negativo è quello dei grandi ritardatari, che nel caso degli enti locali è cresciuto in modo esponenziale passando dall’11% del 2010 al 31% circa del 2016. Scendendo nell’analisi geografica, il Nordest è l’area che va meglio, con il 15,2% dei pagatori puntuali e il 15,4 dei grandi ritardatari: meglio del 2010 quando a pagare in tempo erano solo l’11% delle imprese della Pa. La zona che va peggio è il Meridione e le isole dove solo l’8,5% delle aziende pubbliche paga a scadenza, mentre oltre il 54,7% accumula oltre un mese di ritardo.

Fonte: La Repubblica

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