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RIAPRONO LE VISITE ALLA TORRE E ALL’OROLOGIO ASTRONOMICO DI PIAZZA DEI SIGNORI

A seguito di lavori di restauro che hanno reso l’imponente torre e il magnifico orologio inaccessibili al pubblico, la situazione cambia.

La Torre dell’Orologio è un edificio medievale che si affaccia su Piazza dei Signori a Padova. La torre fu costruita nel XIV secolo come porta orientale della Reggia Carrarese. Il suggestivo orologio astronomico fu eretto nel 1428. Con il trascorrere del tempo, il meccanismo dell’orologio ha subito importanti modifiche, che ne hanno garantito il valido funzionamento, senza appartare alcuna alterazione della forma originale.

«è una bellissima torre coperta di piombo, nella quale è quello artificiosissimo horologio, il quale oltre il battere, e il mostrar dell’hore, mostra il giorno del mese, il corso del Sole nelli dodeci segni del Zodiaco, li giorni della luna, gli aspetti d’essa col sole, & il suo crescere, e scemare»

Angelo Portenari, Della Felicità di Padova, 1623

I volontari di Salvalarte di Legambiente garantiscono le visite guidate al famoso simbolo di Piazza dei Signori, grazie ad una convenzione del Comune di Padova. Salvalarte è l’area di Legambiente che cerca di valorizzare l’immenso patrimonio artistico della storica città. Apre, inoltre, siti di interesse che altrimenti resterebbero inaccessibili.

Informazioni utili:

Vengono istituite anche le aperture straordinarie per i gruppi maggiori di 10 persone.

Le visite partono da Piazza Capitaniato 19.

La Torre è aperta tutti i mercoledì (per i gruppi), i venerdì e i sabato.

Le visite guidate si effettuano la mattina con turni di 45 minuti ciascuno, dalle 9,30 alle 11,45.

Le visite sono ad ingresso libero.

Per maggiori informazioni:

tel.: +39 392 4764353 dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 18.00
e-mail: salvalarte@legambientepadova.it

Fonte: Padovanet

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emergenza smog padova

EMERGENZA SMOG: PADOVA TERZA TRA LE CITTÀ PIÙ INQUINATE

Dal report di Legambiente emerge la criticità della situazione sulle polveri sottili nell’aria. Padova risulta al terzo posto tra le città più inquinate, con 55 giorni oltre il limite previsto per le polveri sottili. L’accusa va ai ritardi di sindaci e regioni.

L’emergenza smog denunciata da Legambiente è sempre più cronica: quest’anno il picco di polveri sottili nell’aria non ha aspettato il rigido inverno. Da gennaio a metà ottobre sono ben 25 le città che hanno superato il limite di 35 giorni con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo previsto per le polveri sottili (PM10). Ben 24 di queste appartengono alle sole 4 regioni del nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna). Bollino rosso per Torino (66 gg di superamento di PM10), Cremona (58 gg), Padova (55 gg).

Oltre a fare il punto sull’aria inquinata, con la sua denuncia nel report “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”, Legambiente punta il dito contro i ritardi di regioni e sindaci. I peggioramenti stanno avvenendo senza alcuna azione efficace da parte di chi avrebbe dovuto programmare e mettere in campo interventi concreti per superare una volta per tutte il problema ed evitare di arrivare al prossimo inverno con lo stesso problema. Proprio sindaci e regioni sono quindi i principali responsabili dei ritardi nei “Piani di risanamento dell’aria”, che in questi mesi avrebbero dovuto definire azioni ad hoc e misure stagionali nei rispettivi Piani di risanamento e attraverso le delibere stagionali anche alla luce del piano antismog, firmato dal ministero dell’ambiente con Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto a fine giugno.

I primi ritardi a fronteggiare il problema delle polveri sottili arrivano proprio dalle Regioni del nord che come ogni anno sono le prime “vittime” dell’emergenza polveri sottili. Ad esempio la Regione Piemonte e quella del Veneto non hanno approvato la delibera stagionale di misure antinquinamento. In Piemonte la proposta di delibera è ferma ad oggi in Commissione Ambiente del Consiglio Regionale e dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni. Da quel momento i sindaci dei 54 Comuni con oltre 20 mila abitanti dovranno emanare entro il 30 ottobre le conseguenti ordinanze.

Fonte: PadovaOggi

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I comuni sono sempre più rinnovabili. L'energia pulita arriva ovunque: la rete delle rinnovabili continua ad allargarsi in periferia.

Comuni sempre più “rinnovabili”, l’energia pulita arriva ovunque

La marcia delle rinnovabili non si ferma. Rallentata al centro da misure che hanno scoraggiato gli investimenti, la rete delle rinnovabili continua ad allargarsi in periferia. Nel 2015, l’anno più duro da un decennio per il settore, il primo in cui il totale dell’elettricità rinnovabile prodotta è diminuita, il numero dei Comuni che hanno scelto la strada low carbon è aumentato.

In 2.660 Comuni l’energia elettrica pulita prodotta supera quella consumata. E 39 sono i super campioni, quelli in cui si raggiunge il 100% di energia da fonte rinnovabile sia per gli usi termici che per quelli elettrici grazie a smart grid, mobilità elettrica, accumulo: vantaggi ambientali ed economici visto che le bollette per imprese e famiglie risultano meno care grazie alla strategia green.

Sono i dati contenuti nel rapporto Comuni Rinnovabili 2016 curato da Legambiente con il contributo di Enel Green Power. Quello che colpisce è l’andamento dell’ultimo decennio: il contributo ai consumi elettrici delle fonti rinnovabili è passato dal 15 al 35,5%, grazie a un modello di produzione distribuito nel territorio con oltre 850 mila impianti diffusi da Nord a Sud, dalle aree interne alle grandi città. Il numero di Comuni in cui è installato almeno un impianto da fonti rinnovabili è schizzato da 356 a 8.047. La corsa formidabile condotta tra il 2005 e il 2013 ci ha regalato un record: siamo il primo Paese al mondo per la quota di solare nei consumi elettrici(l’8,1%, pari al fabbisogno di 9,1 milioni di famiglie), davanti a Grecia e Germania. Arrivati al primo posto abbiamo però cominciato a perdere le gare.

Nel 2015 i 305 mega-watt di fotovoltaico installati nel nostro paese sono stati meno di un quinto di quelli creati in Germania e un decimo di quelli inglesi. Per l’eolico nel 2015 sono stati installati 474 mega-watt contro una media di 770 negli anni passati. Nonostante queste difficoltà, nel 2015 i Comuni del solare sono stati 8.047 e hanno fornito elettricità sufficiente a 9,1 milioni di famiglie. I Comuni dell’eolico 850 e hanno permesso di produrre energia pari al fabbisogno elettrico di oltre 5,5 milioni di famiglie. I Comuni del mini idroelettrico 1.275 e hanno dato elettricità per 2 milioni di famiglie. I Comuni della geotermia 535 per una produzione in grado di soddisfare il fabbisogno di oltre 2 milioni di famiglie. I Comuni delle bioenergie 3.137 e hanno consentito di soddisfare le necessità elettriche di oltre 7,7 milioni di famiglie.

La fattura petrolifera è così scesa, grazie anche al crollo delle quotazioni del greggio, dai 64,8 miliardi nel 2012 ai 34,2 miliardi del 2015. Contemporaneamente sono scese le emissioni di CO2: da 522 a 419 milioni di tonnellate tra il 1990 e oggi (ma nel 2015 si è registrato un più 2%).

Questo sviluppo ha portato occupazione, anche se negli ultimi anni c’è stata una marcia indietro: secondo i dati di EurObserv’ER nel 2014 i lavoratori nelle fonti rinnovabili in Italia erano oltre 82 mila, in netto calo rispetto ai 125.400 raggiunti nel 2011, a causa del taglio degli incentivi e dell’assenza di un quadro di certezze capace di incoraggiare gli investimenti. Ad esempio le fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche sono ancora in attesa del decreto per gli incentivi che scadrà a fine anno mentre per l’eolico offshore siamo a zero perché le linee guida per i progetti non sono mai state varate. “Al neo ministro Calenda suggeriamo di guardare alle esperienze positive dei Comuni per raggiungere l’obiettivo del 50% da rinnovabili annunciato dal premier Renzi entro la legislatura, liberando in particolare l’autoproduzione, la produzione e distribuzione locale da fonti rinnovabili”, propone il vicepresidente di

Legambiente Edoardo Zanchini. “Sono numerose le barriere e le tasse che oggi impediscono investimenti che sarebbero a costo zero. Occorre introdurre regole semplici e trasparenti per l’approvazione dei progetti”.

Fonte: Adico

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