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UE: PLASTICA TUTTA RICICLABILE ENTRO IL 2030

L’Europa dichiara guerra alla plastica, con una mossa anti-inquinamento per “proteggere l’ambiente, favorire l’innovazione e creare posti di lavoro”.

Bruxelles lancia il suo piano per proteggere l’ambiente, favorire l’innovazione e creare posti di lavoro. Saranno uniformati i contentitori e il packaging per favorire il riciclo, bandite o quasi le microplastiche, imposte etichette per certificare i prodotti verdi.

Dopo Gran Bretagna e Cina, anche l’Europa lancia un piano di interventi articolato e coordinato per “proteggere l’ambiente, favorire l’innovazione e creare posti di lavoro”. Obbligo di usare solo plastica riciclabile e riutilizzabile entro il 2030, stop (dove possibile) all’uso di microplastiche e una serie di direttive per standardizzare le confezioni e renderle più facilmente riciclabili: queste le linee guida della Public Waste strategy comunitaria.

Gli obblighi per i produttori e gli stati membri devono ancora essere definiti. I contenuti e i piani di massima però sono chiari: Bruxelles metterà a punto nuove regole per uniformare il packaging e rendere i contenitori più utilizzati (dalle bottiglie a quelli per i detersivi) molto più facilmente riciclabili. L’obiettivo è risparmiare circa cento euro per ogni tonnellata raccolta e rendere così molto più competitivo l’utilizzo del materiale di “seconda mano”, oggi spesso meno conveniente grazie ai prezzi bassi del petrolio.Dopo il blitz sui sacchetti (la Ue impone già regole draconiane per ridurre l’uso di quelli non degradabili) saranno applicate leggi simili sulle reti da pesca e gli altri prodotti che usano la plastica. La Commissione imporrà norme rigide sull’uso delle micro plastiche e pretenderà etichette visibili e chiare per dichiarare la biodegradabilità di ogni prodotto. In arrivo regole severe e punizioni per chi scarica rifiuti in mare dalle navi. Tutta la spazzatura dovrà essere trasportata a terra con agevolazioni alle autorità portuali per avviarne il riciclo. Via anche a nuovi investimenti (per ora 100 milioni) per finanziare la ricerca sulle plastiche verdi.

L’Europa produce oggi 25 milioni di tonnellate di plastica e solo il 30% (il 41% in Italia) finisce nel circuito del riciclaggio e questo rifiuto rappresenta l’85% della spazzatura che finisce in spiaggia e nel 2050, se le cose proseguono a questo ritmo, ci sarà più plastica che pesce (in peso) negli oceani. I consumi, tra l’altro, non accennano a fermarsi: la produzione si è moltiplicata per 20 nell’ultimo mezzo secolo e i 311 milioni di tonnellate di oggi diventeranno 630 nel 2036. Solo il 14% viene riciclato, del 32% si perdono le tracce e ogni minuto ne finisce in mare – due tonnellate su tre nel Far East – una quantità pari a un camion della spazzatura. “Dobbiamo intervenire per creare un’economia per la plastica circolare – ha detto il vicepresidente della Ue Frans Timmerman ed evitare di mettere sul mercato prodotti che si confezionano in cinque secondi, si usano per cinque minuti e poi ci mettono 500 anni per smaltirsi nell’ambiente”. L’altro vice-presidente Jirky Katainen ha detto invece di aver dubbi sull’imposizione di una tassa europea sulla plastica non riciclabile come ventilato nelle scorse settimane.

Fonte: La Repubblica

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emergenza smog padova

EMERGENZA SMOG: PADOVA TERZA TRA LE CITTÀ PIÙ INQUINATE

Dal report di Legambiente emerge la criticità della situazione sulle polveri sottili nell’aria. Padova risulta al terzo posto tra le città più inquinate, con 55 giorni oltre il limite previsto per le polveri sottili. L’accusa va ai ritardi di sindaci e regioni.

L’emergenza smog denunciata da Legambiente è sempre più cronica: quest’anno il picco di polveri sottili nell’aria non ha aspettato il rigido inverno. Da gennaio a metà ottobre sono ben 25 le città che hanno superato il limite di 35 giorni con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo previsto per le polveri sottili (PM10). Ben 24 di queste appartengono alle sole 4 regioni del nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna). Bollino rosso per Torino (66 gg di superamento di PM10), Cremona (58 gg), Padova (55 gg).

Oltre a fare il punto sull’aria inquinata, con la sua denuncia nel report “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”, Legambiente punta il dito contro i ritardi di regioni e sindaci. I peggioramenti stanno avvenendo senza alcuna azione efficace da parte di chi avrebbe dovuto programmare e mettere in campo interventi concreti per superare una volta per tutte il problema ed evitare di arrivare al prossimo inverno con lo stesso problema. Proprio sindaci e regioni sono quindi i principali responsabili dei ritardi nei “Piani di risanamento dell’aria”, che in questi mesi avrebbero dovuto definire azioni ad hoc e misure stagionali nei rispettivi Piani di risanamento e attraverso le delibere stagionali anche alla luce del piano antismog, firmato dal ministero dell’ambiente con Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto a fine giugno.

I primi ritardi a fronteggiare il problema delle polveri sottili arrivano proprio dalle Regioni del nord che come ogni anno sono le prime “vittime” dell’emergenza polveri sottili. Ad esempio la Regione Piemonte e quella del Veneto non hanno approvato la delibera stagionale di misure antinquinamento. In Piemonte la proposta di delibera è ferma ad oggi in Commissione Ambiente del Consiglio Regionale e dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni. Da quel momento i sindaci dei 54 Comuni con oltre 20 mila abitanti dovranno emanare entro il 30 ottobre le conseguenti ordinanze.

Fonte: PadovaOggi

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Sulle spiagge italiane 714 rifiuti ogni 100 metri

Plastica, bottiglie, mozziconi di sigarette, calcinacci, stoviglie usa e getta. Un tappeto di rifiuti soffoca le spiagge italiane.

A denunciare il malcostume dei frequentatori del mare è l’indagine “Beach litter”, realizzata da Legambiente, Sono 47 i litorali monitorati: un’area di 106.245 metri quadrati (circa 800 campi di beach volley) dove sono stati trovati 33.540 rifiuti. Calcolatrice alla mano, la media è impressionante: 714 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia.

COTTON FIOC E MOZZICONI

Anche quest’anno la regina indiscussa del lerciume da battigia rimane la plastica (76,3% degli oggetti trovati) seguita da mozziconi (7,9%), carta (5,5%), metallo (3,6%), vetro/ceramica (3,4%), legno (1,3%), tessili (1,2%) e gomma (0,8%). A guidare, invece, la top ten sono tre oggetti: al primo posto ci sono i pezzi di plastica e polistirolo (22,3%), di dimensioni inferiori ai 50 centimetri, che costituiscono quasi un quarto dei rifiuti trovati. Secondo posto per i cotton fioc (13,2%) per un totale di 4412 pezzi, diretta conseguenza della scorretta abitudine di «smaltire» questi rifiuti gettandoli nel wc e dell’inefficacia degli impianti di depurazione. Terzo posto in classifica per i mozziconi di sigaretta (7,9%): in particolare l’indagine di Legambiente ne ha contati 2642, una quantità pari al contenuto di 132 di pacchetti.

LA MAPPA DEL DEGRADO

Tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale oppure morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo. I rifiuti però non fanno male solo all’ambiente e alla fauna. Ma anche all’economia e al turismo. Le situazioni più critiche sono state rilevate sulla spiaggia di Coccia di Morto a Fiumicino, in prossimità della foce del Tevere, dove si accumulano i rifiuti provenienti dal fiume. Qui Legambiente ha trovato il più alto numero di rifiuti: oltre 5500 in 100 metri. Maglia nera anche per il litorale di Olivella nel comune di Santa Flavia (Palermo), con 1252 rifiuti in 100 metri di spiaggia, circondata e sfregiata pesantemente anche da manufatti di cemento pericolanti. Importante segnalare anche le spiagge invase dagli scarti provenienti dalla pesca, in particolare la spiaggia di Canovella de’ Zoppoli a Duino Aurisina, Trieste, dove ben il 65% dei rifiuti trovati sono riconducibili a reti di mitili e la spiaggia sul Mar Piccolo a Taranto, nei pressi del Parco Cimino (con il 44% dei rifiuti riconducibile alla pesca).

Fonte: La Stampa

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