Aumenta l’età delle coppie che si affidano alla procreazione assistita. Solo il 55% ha problemi di sterilità. E in molti pagano di tasca propria.
Mentre il governo studia un piano nascite il Censis certifica che dietro le culle vuote c’è anche e soprattutto l’illusione delle coppie di poter mettere al mondo un figlio anche quando il nostro orologio biologico ha detto stop. Per credere basta leggere i dati del rapporto sulla procreazione assistita, che mostra come a spingere uomini e donne verso l’opzione della provetta non sia tanto la sterilità quanto l’età anagrafica. Sempre più in aumento, tanto da toccare in media i 39,8 anni per gli uomini e i 36,7 per le donne.
Tanto per capire per i ginecologi una giovane di 29 anni è già etichettata come una «puerpera attempata» e anche gli uomini dopo i 35 non è che stiano messi tanto bene in fatto di fertilità. E allora ecco che quella della procreazione assistita diventa l’ultima spiaggia per chi è già sugli «anta». Tant’è che alla provetta si aggrappa solo il 55% delle coppie con reali problemi di sterilità. Come dire che quasi la metà vi ricorre perché l’età ha reso ovuli e seme non più in grado di generare.
Anche la via medicalmente assistita è però irta di ostacoli. Le coppie che vi ricorrono saranno pure mature, «over mind» ed economicamente solide, ma oltre il 40% lamenta gli eccessivi costi economici e la stessa percentuale si scontra con liste d’attesa troppo lunghe, mentre quasi il 44% denuncia una scarsa attenzione agli aspetti comunicativi e relazionali.
A fare la differenza è anche la geografia. Se in media il 35% ha pagato tutto di tasca propria, al Sud il 51% ha dovuto fare da sé e al Centro la percentuale di chi ha dovuto coprire per intero i costi sale addirittura al 67%. E non si tratta di conti proprio leggeri, visto che solo per un ciclo in media si sborsano 4 mila euro, anche se poi di tentativi quasi sempre ne servono parecchi.
L’indagine del Censis non lo dice, ma le cose diventano ancora più complicate quando si deve ricorrere all’eterologa, che nonostante la sentenza della Corte Costituzionale l’abbia fatta uscire dai confini dell’illegalità, resta sconosciuta in larga parte d’Italia, eccezion fatta per Toscana ed Emilia Romagna, dove il servizio pubblico in qualche modo provvede. Colpa degli ovuli impossibili da reperire gratuitamente e dei quali la legge vieta espressamente la compravendita. Anche se i recenti fatti di cronaca lasciano pensare che quei divieti non siano ovunque rispettati.
Le misure del Governo
Se la procreazione assistita diventa l’opzione di chi ha scelto di fare i figli tardi, il governo prova però a rimettere in linea il nostro orologio con quello biologico, pensando a misure a sostegno delle nascite. Perché se si fanno i figli sempre più in là negli anni è anche e soprattutto colpa dell’instabilità lavorativa e dei servizi che non ci sono. La titolare della Salute, Beatrice Lorenzin, ha già buttato sul tavolo la proposta di raddoppio del bonus-bebè: 160 euro per il primo, 240 per il secondo. Una robina da 2,2 miliardi in aggiunta ai 3,6 già stanziati per sei anni. Troppi per l’Economia, che pensa a misure più articolate, come maggiori sgravi per le rette degli asili nido e la possibilità di spalmare il congedo parentale di 6 mesi con una riduzione dell’orario di lavoro, per evitare che assenze troppo prolungate spingano le imprese a non assumere. Idee da mettere in pratica prima che il collasso demografico diventi irreversibile.
Fonte: La Stampa
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