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CONSIGLI DI ADICO PER DIFENDERSI DAGLI ERRORI DEL CAF PER IL MODELLO 730

Da tutta Italia persistono le segnalazione relative ad errori commessi dai Caf nella presentazione del modello 730 o di altri modelli.

Si parla di errori nella compilazione del modello 730 che possono provocare un danno economico al contribuente o che potrebbero determinare una sanzione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Adico fornisce alcuni consigli per affrontare questo tipo di situazioni.

Anzitutto, come spiega Carlo Garofolini presidente dell’Adico “è importante scegliere bene il Caf a cui ci si rivolge. Deve essere autorizzato e riconosciuto ufficialmente, altrimenti si rischiano tante brutte sorprese”. In secondo luogo, continua il presidente, “prima di procedere con la presentazione della relativa documentazione, consigliamo di chiedere agli operatori del Caf se abbiano una copertura assicurativa, che tra l’altro dovrebbe essere obbligatoria, e con quale compagnia sia stata stipulata. Volendo si può provare a chiederne pure gli estremi”.

Se il Caf commette un errore, il contribuente può intervenire?

“Nel caso in cui si venga sanzionati dall’Agenzia delle Entrate – afferma il presidente dell’Adico – bisogna ricordarsi che more e sanzioni sono a carico del Caf stesso. Gli importi che non sono stati pagati per l’errore degli operatori del centro di assistenza fiscale, invece, sono a carico del contribuente.”

E in caso di perdita di agevolazioni, quindi sbagli per i quali si subisce un danno economico?

Un esempio di questo sta nella retta dell’asilo nido oppure della perdita della Naspi, indennità di disoccupazione. “In questi casi consigliamo prima di tutto di contattare il proprio Caf – suggerisce Garofolini – per capire come mai sia stato commesso lo sbaglio e per chiedere di attivare l’assicurazione. Nel caso di risposta negativa bisogna rivolgersi a un esperto per redigere una diffida che spesso raggiunge l’obiettivo che ci si è prefissati”.

Fonte: Adico

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career day ies 2017

CAREER DAY IES, 9 NOVEMBRE – PADOVA FIERE

Quest’anno, in occasione del Career day IES, si è registrato un boom di richieste da parte di aziende e imprese per i laureati del Bo. L’incontro domanda-offerta si terrà alla Fiera di Padova giovedì 9 novembre 2017.

Il 9 novembre 2017, dalle 9.30 alle 17.30, presso la Fiera di Padova, Padiglione 15, si svolgerà Università Aperta IES (Ingegneria, Economia, Scienze) 2017, l’evento organizzato dal Servizio Stage e Career Service dell’Università degli Studi di Padova per permettere ad aziende, studenti e laureati di conoscersi.

“L’obiettivo è di avvicinare i giovani studenti e laureati alle imprese”, spiega Daniela Lucangeli, prorettore alla continuità formativa scuola-università-lavoro.

Il mercato del lavoro sembra dare finalmente cenni di ripresa, e lo dimostra il numero di aziende che si rivolgono all’università di Padova per trovare nuovi assunti. Per la settima edizione di Università Aperta – IES (Ingegneria, Economia, Scienze), career day settoriale di ateneo, sono arrivate 130 richieste di partecipazione da parte di altrettante imprese, tra cui alcune molto note (Lamborghini, Decathlon, Bosh, De Longhi Group, Despar, Leroy Merlin, Luxottica, Parmalat e OTB Group, …). Per mancanza di spazio, gli stand saranno “solo” 115: il numero più alto mai raggiunto, che fa di questo evento il più importante a livello nazionale.

Ogni azienda avrà a disposizione un desk per interagire con studenti e laureati, in modo da far conoscere la propria realtà e i propri fabbisogni formativi e professionali. Gli studenti potranno lasciare il curriculum, informarsi sulle posizioni aperte e fissare eventualmente un colloquio. Nel corso della giornata sono previsti, inoltre, workshop di presentazione aziendale e un convegno finale sulle tematiche del recruiting.

Università Aperta – spiega Daniela Lucangeli, prorettore alla continuità formativa scuola-università-lavoro – è l’insieme di tutte le giornate che l’Università di Padova promuove e organizza, tramite il proprio Career Service, con l’obiettivo di avvicinare i giovani studenti e laureati alle imprese, promuovendo l’incontro tra domanda e offerta. Le precedenti edizioni delle giornate di Università Aperta hanno visto la partecipazione di oltre 5mila studenti, laureati e neolaureati avvicinarsi al mondo del lavoro grazie all’incontro con le aziende. Questa edizione settoriale, rivolta in particolare alle imprese che desiderano entrare in contatto con studenti e laureati provenienti dalle Scuole di Ingegneria, Economia e Scienze vede coinvolte più di 100 imprese, in continuo aumento rispetto alle edizioni precedenti. Segno che, nonostante la crisi economica, l’interesse del mondo imprenditoriale ad avviare contatti con i nostri studenti e laureati è sempre viva e, anzi, in progressivo aumento”. Università Aperta IES, in particolare, è nato proprio per rispondere alle necessità delle aziende che puntano soprattutto su alcuni corsi di laurea. L’evento di giovedì, quindi, sarà dedicato a studenti, laureati e laureandi di Astronomia, Chimica, Economia, Fisica, Informatica, Ingegneria, Matematica e Scienze statistiche.

Fonte: Padova Oggi

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Brexit

La Brexit è realtà. Garofolini : “Ora il pericolo è l’effetto domino”

Nel post-Brexit si analizzano le possibili conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna per l’Europa.

“Mi auguro che questo voto non abbia un effetto domino in tutta Europa. Nelle prossime settimana potremo valutare l’impatto di questa scelta sia in Gran Bretagna sia nel resto dell’Unione. Per quanto riguarda l’Italia credo che se uscisse dall’Europa sarebbe un grande problema per tutti”. Carlo Garofolini, presidente dell’Adico, commenta così la vittoria dei pro-“Brexit”, di cui tanto si sta discutendo in questi giorni. “E’ difficile decifrare questa scelta da parte della maggioranza del popolo britannico – continua Garofolini -. Ha prevalso di certo la paura dell’immigrazione comunitaria, la sensazione che l’Europa sia lì solo per succhiare soldi, e che da soli ci si possa sentire davvero liberi e indipendenti. E, in tutto questo ragionamento, sono molte le colpe di chi è a capo di questa Europa, che sembra più attenta alle esigenze della banche che ai diritti dei cittadini. Però al momento la Ue fornisce garanzie a ai Paesi membri”.

Proponiamo qui di seguito un articolo di Repubblica nel quale vengono riassunte le possibili conseguenze della Brexit.
La decisione degli elettori britannici di uscire dall’Unione Europea sta avendo conseguenze traumatiche sui mercati globali. Stanotte, la sterlina è scesa dell’11% contro il dollaro, toccando i minimi da 30 anni a questa parte, mentre la borsa di Londra ha perso l’8% in apertura, trascinando giù tutti gli altri mercati.

Perché la sterlina è scesa così tanto?

Gli investitori temono che per il Regno Unito si apra un periodo di grande incertezza. Le negoziazioni su che accordi prendere con l’UE dureranno almeno due anni. Ci sono poi preoccupazioni legate all’enorme deficit esterno della Gran Bretagna, pari al 7% del prodotto interno lordo, che dovrà continuare ad essere finanziato dagli investimenti stranieri in un periodo di grande turbolenza. Il rischio è una crisi della bilancia dei pagamenti, come quelle che Londra ha vissuto negli anni ’70.

Perché soffrono anche le borse europee?

Gli operatori di mercato temono che “Brexit” possa avere degli effetti a catena nel resto dell’UE. Le difficoltà economiche del Regno Unito potrebbero contagiare gli altri Paesi, per esempio attraverso un rallentamento delle importazioni britanniche dall’UE. Vi è poi una preoccupazione che l’UE stia entrando in una fase di nuova instabilità, marcata dalla crescita dei partiti populisti come, ad esempio, il Movimento 5 Stelle in Italia o il Fronte Nazionale in Francia. Infine, il clima generalizzato di paura porta gli investitori a vendere comunque le azioni ritenute meno sicure, come, ad esempio, quelle delle banche italiane.

Chi può intervenire?

Le banche centrali stanno già intervenendo nel mercato delle valute: la Banca Nazionale Svizzera sta vendendo franchi per evitare che la valuta si apprezzi troppo. Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra, ha annunciato che sarà pronto a sostenere la sterlina, e ha messo a disposizione 250 miliardi per altre operazioni di mercato. Per ora, la Banca Centrale Europea non è ancora intervenuta, ma, come detto dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, anche a Francoforte sono pronti a intervenire, ove necessario, usando i tassi d’interesse, oltre ad altri strumenti come gli swap o i repo.

Riuscirà la Banca d’Inghilterra a sostenere l’economia?

Carney si trova in una situazione estremamente complessa: da una parte, la tentazione potrebbe essere quella di abbassare i tassi d’interesse per dare slancio all’economia e evitare il rischio di una lunga recessione. D’altra parte, il crollo della sterlina farà costare di più le merci importate, spingendo in alto l’inflazione. Questo potrebbe richiedere un aumento dei tassi d’interesse per convincere gli investitori a lasciare i loro capitali in Gran Bretagna a costo e frenare la caduta del cambio. Il rischio, però, è quello di peggiorare un’eventuale recessione.

Che faranno le aziende in Gran Bretagna?

Tutte le principali istituzioni finanziarie mondiali e la maggior parte degli economisti pensano che Brexit raffredderà la voglia delle aziende di investire, almeno finché non sarà chiaro quali saranno gli accordi raggiunti con l’Unione Europea. La crisi di governo causata dalle dimissioni del premier David Cameron, contribuiranno a questo clima di cautela. Nel frattempo, però, alcune aziende potrebbero decidere di spostare le loro operazioni all’estero. Gli occhi sono puntati sulle banche e le altre società di servizi finanziari, che già riflettono sul se spostarsi a Francoforte, Dublino o Parigi per continuare a godere dell’accesso agli altri mercati UE. Grandi aziende automobilistiche come la Toyota hanno fatto capire che potrebbero essere costrette a tagliare posti di lavoro in Gran Bretagna per abbassare i costi. Vi sono anche preoccupazioni per il settore dell’edilizia: il mercato immobiliare è destinato a frenare, soprattutto a Londra, dove c’è il rischio di una caduta dei prezzi dalle quotazioni vertiginose raggiunte in questi anni.

Quali sono i rischi per l’Italia?

Il problema principale riguarda l’andamento dei mercati azionari e, in particolare, dei titoli bancari, che già in apertura hanno sofferto come quelli di altri Paesi europei. Il sistema bancario italiano è in un momento di grande fragilità, anche se il governatore Visco, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, e il presidente della Consob, Giuseppe Vegas si sono detti sicuri oggi che l’Italia non corra rischi particolari. Se Brexit dovesse avere effetti prolungati sull’economia europea, a soffrirne sarebbero prima di tutto le nostre aziende esportatrici. Più in generale, ci potrebbe essere un raffreddamento della volontà di investire in nuova capacità produttiva. Quanto al lungo periodo, molto dipenderà da che accordi l’UE prenderà con la Gran Bretagna: la società Prometeia ha stimato oggi che il danno per le aziende dai dazi imposti da Londra potrebbe essere di circa un miliardo.

Fonte: Adico

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Nuovo allarme dall’Istat: “Rallenta la crescita dell’economia italiana”

La nota mensile dell’istituto, relativa a maggio, segnala anche un calo degli ordinativi della manifattura. Nuovo allarme deflazione: prezzi in risalita solo in autunno. Luci ed ombre sul mercato del lavoro. Eurostat: corrono Spagna, Germania e Austria

Rallentamento della crescita dell’Economia “a breve” e deflazione. La nota mensile dell’Istat contiene due cattive notizie per l’economia italiana. L’Istat non dà la nostra economia per spacciata, anzi. Le famiglie spendono di più. Nel primo trimestre 2016 la crescita è stata dello 0,2% rispetto all’ultimo trimestre del 2015. E questo atteggiamento delle famiglie continua a far bene alla ricchezza nazionale (il Pil), che registra una crescita dello 0,3%. Gli stessi investimenti delle imprese sono in ripresa. Ma le buone notizie si fermano qui.

Continua la nota mensile: poiché le attese delle aziende e gli ordinativi della manifattura registrano “alcuni segnali di debolezza”, si mette in conto “un rallentamento nel ritmo di crescita nel breve termine“. Pesa anche la fiducia dei consumatori, in flessione da gennaio. Per prevedere questa tendenza al ribasso, gli statistici utilizzano uno strumento che si chiama “indicatore anticipatore composito” dell’economia.

L’altra cattiva notizia è che l’Italia resta in deflazione (situazione che conferma lo scarso dinamismo dell’economia). L’Istat prevede che i prezzi saranno “negativi o vicini allo zero nei mesi estivi” in assenza di “mutamenti sostanziali dello scenario internazionale”. L’inflazione potrebbe rialzare la testa solo in autunno quando i consumi interni – se in ripresa, come si immagina – spingeranno verso l’alto i prezzi.

In questo momento, i rincari riguardano soprattutto i carburanti, i tabacchi, gli “alimentari non lavorati”. Il tasso tendenziale si conferma al 7 per cento, ma solo per i beni “non alimentari e non energetici”. Proprio la bolletta elettrica, in forte calo per effetto del prezzo basso del petrolio, abbatte l’inflazione.

Il lavoro

Il mercato del lavoro è tutto luci ed ombre. Ad aprile gli occupati aumentano sia tra gli uomini (+0,3% su base congiunturale) sia tra le donne (+0,1%). La crescita ha coinvolto i dipendenti a carattere permanente (+0,2%, 35 mila occupati in più) e gli indipendenti (+0,3), a fronte di una sostanziale stabilità di quelli a termine.

Nello stesso mese, la disoccupazione ha ripreso ad aumentare (11,7%, un decimo in più rispetto a marzo). Il tasso di disoccupazione delle donne è cresciuto di cinque decimi, toccando quota 12,8%. Secondo l’Istat, questa tendenza è dovuta al fatto che tante donne – fiduciose ora di trovare un posto – si rimettono in movimento e, per questo, sono intercettate dal radar degli statistici. Intanto il tasso di disoccupazione maschile ha proseguito la discesa, raggiungendo ad aprile il 10,8%, un decimo di punto in meno rispetto al mese precedente.

E in futuro, come andranno le cose? “A maggio – scrive l’Istat – le aspettative degli imprenditori risultano in miglioramento nei soli servizi”, mentre c’è pessimismo “negli altri settori”. Questo pessimismo non sorpende per il futuro viste le dinamiche del recente passato. Già nei primi tre mesi dell’anno, il settore delle costruzioni è tornato a soffrire (meno 0,5%), la spesa per mezzi di trasporto si è fermata ad un +2,4%, mentre le esportazioni calano (meno 1,5%) a causa delle difficoltà delle economie emergenti e della Cina.

Ieri Bankitalia ha abbassato la sua stima di crescita del Pil 2016 a 1,1% (da 1,5%,), allineandosi a quanto previsto anche dal Fmi. Il governo prevede una crescita pari all’1,2%.

La situazione in Europa

Se l’Italia soffre, l’economia europea può sorridere. L’Eurostat – “cugino” europeo del nostro Istat – fissa allo 0,6% la crescia del Pil nella zona Euro (sempre nel primo trimestre del 2016). Questa accelerazione – la precedente stima era dello 0,5% – è imputabile alla bella prova di alcune piccole economie (Romania +1,6% e Cipro +0,9%). Ma vanno bene anche Spagna ed Austria (+0,8%), e la stessa Germania (+0,7%). I cali più sensibili in Ungheria (-0,8%), nella fragile Grecia (-0,5%) e in Polonia (-0,1%).

Fonte: La Repubblica

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