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COME E QUANDO È POSSIBILE CONTESTARE UNA MULTA COL SEMAFORO ROSSO

Ci sono situazioni, condizioni e scadenze precise per avere la possibilità di contestare una multa per mancato rispetto del semaforo rosso.

La multa è la conseguenza della fotografia scattata dai sistemi elettronici che sorvegliano il rispetto del semaforo. Secondo il Codice della Strada, infatti, durante il periodo di accensione delle luci rosse i veicoli non devono superare la striscia di arresto. In mancanza di tale striscia, non devono impegnare l’eventuale area di intersezione, né l’attraversamento pedonale antistante, né oltrepassare il segnale, in modo da poterne osservare le indicazioni.

Quanto salate sono le multe in questione?

Chi non rispetta il semaforo rosso rischia una multa di 163,00 euro, se l’infrazione viene commessa in un orario compreso tra le 07:00 e le 22:00. L’importo aumenta a 200,00 euro nel caso in cui l’inflazione venga realizzata tra le 22:00 e le 07:00 del mattino. Alla mera multa per mancato rispetto del semaforo rosso si aggiungono le ulteriori sanzioni dovute dal mancato rispetto di altri divieti, come il limite di velocità, ad esempio.

Oltre alla sanzione pecuniaria, chi attraversa la strada con il semaforo rosso vedrà la propria patente di guida decurtata di ben sei punti. Nel caso il trasgressore sia un neopatentato, si sale a dodici punti sottratti dalla patente.

La sospensione della patente avviene in caso di recidiva, cioè quando la stessa infrazione è commessa due volte nell’arco di due anni, per un periodo che va da uno a tre mesi.

La contestazione è possibile?

Poiché la multa per semaforo rosso deriva da un accertamento di tipo elettronico, si potrà procedere alla contestazione dimostrando un vizio dell’apparecchiatura. Il sistema di verificazione delle infrazioni tipico degli incroci semaforici (il photored) non è paragonabile all’autovelox presente sulle autostrade. Da ciò deriva un’importantissima conseguenza: la violazione attraverso una telecamera ad infrarossi necessita della presenza degli agenti di polizia municipale. Quindi, la multa basata sul solo rilevamento semaforico sarebbe annullabile.

Come?

Si tratta di un orientamento non consolidato. Esso basa l’invalidità della multa sulla genericità o imprecisione dell’accertamento elettronico rispetto ad una contestazione fatta da un vigile. Questo orientamento trova l’avallo del Codice della Strada, secondo cui la regola generale in caso di violazioni è la contestazione immediata fatta dagli agenti. Le uniche eccezioni che vengono ammesse sono nel caso di accertamenti di velocità.

Quando?

Questa tesi è stata sposata anche dalla Corte di Cassazione: la contestazione di un’infrazione alle regole del Codice della Strada va fatta immediatamente, quando è possibile. Da tanto si evince che le multe scattate con gli autovelox sono pienamente legittime, mentre quelle immortalate con sistemi tipo photored lo sono solamente se non è stata possibile la contestazione immediata, e cioè nel caso in cui il conducente del veicolo, oltre a non rispettare il semaforo rosso, sfrecci ad alta velocità.

Oltre a queste ipotesi, la multa per semaforo rosso è contestabile tutte le volte che essa venga notificata in ritardo (oltre novanta giorni dopo l’infrazione), ovvero sia imprecisa (errata indicazione del luogo dov’è avvenuta l’infrazione, oppure dell’ora o della data) o generica (mancanza di alcuni dati personali del conducente). Il ricorso va presentato nei tempi e modi consuetudinari, e cioè entro trenta giorni al giudice di pace oppure entro sessanta al prefetto.

È necessario ricordare che, al contrario dell’autovelox, il sistema di rilevamento infrarossi tipico dei semafori non necessita di taratura periodica. Per questa ragione, non è adducibile l’argomentazione della mancata manutenzione sull’apparecchio.

Fonte: Adico

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arriva il sorpassometro

Arriva il sorpassometro: ecco cos’è e come funziona

Il sorpassometro è il dispositivo, in dotazione alle Forze dell’Ordine, che ha il compito di rilevare gli autoveicoli che effettuano sorpassi vietati.

Il sorpassometro, insieme all’autovelox e al tutor, completa la gamma dei dispositivi di controllo utili a contrastare le infrazioni al Codice della Strada. Il dispositivo, in dotazione alla Polizia Stradale, è costituito da una telecamera che invia le immagini via GPRS ad un terminale su cui è installato uno specifico software in grado di interpretare in tempo reale se una vettura effettua un sorpasso vietato o se viola la segnaletica orizzontale. Il primo sorpassometro venne installato alle porte di Roma, per poi diffondersi in tutta Italia.

Il sorpassometro è commercializzato in esclusiva dal gruppo Poste Italiane e viene principalmente installato in prossimità dei tratti stradali dove è vietato il sorpasso o in corrispondenza delle corsie di emergenza. Oltre alla telecamera, il dispositivo è collegato a delle spire elettromagnetiche inserite sotto il primo strato di asfalto e poste nella parte vietata al sorpasso. Quando un veicolo transita su queste, il sorpassometro si attiva, scattando alcune foto e registrando un video di quindici secondi. Come per tutor e autovelox, anche il sorpassometro deve essere preceduto da segnaletica verticale che ne avvisa la presenza.

Le multe per le infrazioni di sorpasso vietato variano a seconda della situazione di pericolo che viene creata effettuando il sorpasso. In caso di sorpasso della sola striscia continua, la multa va da 41 euro a 168 euro, più l’eventuale decurtazione di due punti dalla patente. La sanzione varia se il sorpasso viene effettuato dentro o fuori città e se è presente o meno il segnale di divieto sorpasso. Nei casi più gravi (sorpasso in curva, in condizione di scarsa visibilità, presso passaggi pedonali, negli incroci, ecc.) è prevista una multa che varia da 162 euro a 1272 euro, più la perdita di dieci punti o la sospensione della patente.

Per evitare d’incorrere in sgradevoli sanzioni, una volta notata la presenza del sorpassometro, il consiglio è quello d’interrompere immediatamente il sorpasso, dato che non si può essere multati se si desiste dalla manovra. L’infrazione scatta solo se il sorpasso viene effettuato completamente, con il rientro nella propria corsia dopo aver superato la vettura che ci precedeva.
Sorpassometro a parte, ricordate sempre di guidare con prudenza e di evitare sorpassi pericolosi o azzardati, così da non mettere a rischio la vostra vita e quella degli altri automobilisti.

Fonte: Virgilio.it

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Parcheggio in sosta vietata? Si rischiano quattro anni di carcere

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Palermo ha ribadito un indirizzo giuridico.

Altro che multa: lasciare la macchina in sosta vietata può portare il proprietario dell’auto anche a finire in prigione, con un rapido passaggio dal codice della strada a quello penale.

A ribadirlo pochi giorni fa è stata la Corte d’Appello di Palermo con la sentenza 648/2016, legata ad un litigio familiare. Il tribunale ha confermato che se un automobilista parcheggia la propria vettura in sosta vietata, in particolare impedendo ad un’altra auto di uscire da una proprietà privata o da un parcheggio, rischia di essere condannato per violenza privata, con un’interpretazione ampia ma ormai giuridicamente condivisa dell’articolo 610 del Codice penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.

In sostanza, come ricorda la sentenza, “Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione”. Quindi, ad esempio, bloccando l’unica uscita di una via privata, specie se a questo si aggiunge anche un eventuale danno specifico che la sosta vietata arreca al guidatore che cercava di uscire, ad esempio perché diretto in ospedale o ad un importante appuntamento di lavoro.

A dimostrazione di come questa interpretazione sia ormai giuridicamente consolidata, la sentenza del tribunale siciliano ne riprende un’altra della Corte di Cassazione, la 483476/15, nella quale si ribadiva lo stesso principio, spiegando anche come il reato non fosse necessariamente legato alla volontà di recare danno (leggasi dolo). Per arrivare ad un procedimento penale basta infatti anche una dimenticanza o noncuranza e solo un caso di forza maggiore potrebbe scagionare l’automobilista colpevole di sosta vietata: ad esempio, la necessità di lasciare la macchina in sosta vietata per portare un ferito al vicino Pronto Soccorso.

Non è quello del ‘parcheggio’ davanti ad un cancello, comunque, l’unico caso di sosta vietata che può portare ad una condanna penale. Poco tempo fa, ad esempio, due automobilisti milanesi avevano lasciato la propria auto vicino ad un incrocio, ostruendo la visibilità ad altre macchine. Poco dopo un uomo è morto in un incidente proprio in quell’incrocio per non aver avuto una visuale completa della strada: i due automobilisti sono così stati accusati di concorso in omicidio. Il Codice della strada recita infatti espressamente che “durante la sosta e la fermata, il conducente deve adottare le opportune cautele atte a evitare incidenti“. Anche in questo caso, essendo addirittura sopravvenuto un danno fisico ad un terzo soggetto, si passa dall’illecito amministrativo a quello penale con possibilità di condanna, come spiegato, fino a quattro anni.

Ovviamente, perché parta il procedimento penale, in queste situazioni c’è necessità di una querela della parte offesa. Chi si sentisse danneggiato dalla sosta vietata può avvisare la polizia per richiedere lo spostamento dell’auto ‘incriminata’con un carro attrezzi, meglio se dopo aver fatto delle fotografie sia per avvalorare la propria tesi al momento della denuncia ai Carabinieri che come prova per il successivo processo. Ovviamente, oltre al procedimento penale, la ‘vittima’ può anche costituirsi come parte civile per il risarcimento del danno: in questo caso, comunque più spinoso, potrebbe però subentrare come aiuto al presunto ‘colpevole’ l’assicurazione da lui sottoscritta, almeno entro il massimale previsto dalla RC auto.

Fonte: Virgilio Motori

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