La Corte Costituzionale riconosce più tutele contro i pignoramenti.
A seguito della sentenza n. 12/2019, la Corte Costituzionale è giunta alla conclusione secondo cui, nel bilanciamento dei valori costituzionalmente garantiti, le tutele del pensionato prevalgono sempre rispetto a quelle del creditore.
Il Tribunale di Brescia, giudice dell’esecuzione mobiliare, riferisce di essere stato investito di un’opposizione all’esecuzione in cui “il debitore, sul cui conto corrente oggetto di pignoramento veniva accreditato esclusivamente l’assegno sociale mensile, ha eccepito l’illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 23 , comma 6, del d.l. n. 83/ 2015 ” nella parte in cui prevede che le modifiche apportate dal citato art. 13, comma 1, lettera l), all’art. 545 cod. proc. civ. in materia di pignoramento dei crediti transitati su conto corrente abbiano effetto esclusivamente per le procedure esecutive instaurate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto (27 giungo 2015) e non anche per quelle a tale data pendenti.”
Nello specifico, si è provveduto ad aggiungere il seguente comma: “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.”
Di conseguenza, il titolare della pensione invoca l’applicazione della normativa di favore in vigore dal 27 giungo 2015, anche alla sua procedura esecutiva, pendente a quella data, ritenendo che, in caso contrario, si assisterebbe alla violazione del diritto di uguaglianza per ragioni puramente temporali.
Fonte: Adico
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