Secondo le statistiche di Eurostat, l’Italia ha il numero più alto di disoccupati e sfiduciati che hanno smesso di cercare occupazione.
Un “serbatoio” di lavoratori da 3,55 milioni di persone. Sono in gran parte “scoraggiati”, italiani tra i 15 e i 74 anni che non hanno fatto un tentativo di cercare un lavoro, o che – in minima parte – hanno cercato lavoro ma non si sono dichiarati immediatamente disponibili a svolgere mansioni. Secondo le statistiche ufficiali di Eurostat, nessuno come l’Italia registra un esercito tanto folto di persone che restano ai margini del mercato del lavoro, non indossando la casacca di occupati e neppure quella di persone in cerca di occupazione.
Le cifre
I numeri sono stati pubblicati in settimana dall’ufficio statistico europeo e il grafico mostra chiaramente come l’Italia si distanzi dagli altri Paesi. Nel complesso dell’Unione, infatti, ci sono 11,4 milioni di lavoratori potenziali, un quarto dei quali risiede tra le Alpi e la Sicilia. In Germania, giusto per fare il raffronto con i primi della classe, i lavoratori potenziali sono solo un milione, il 2,4% della forza lavoro complessiva contro il 14% italiano. Il bacino si divide in due gruppi: chi è disponibile a lavorare, ma non lo cerca, e chi cerca ma non è immediatamente disponibile. Il primo sottogruppo è generalmente più ampio del secondo e questo avviene in maniera rilevante in Italia, a testimoniare una maggior incidenza di scoraggiati (senza dimenticare il ‘sommerso’). Per altro, si tratta di un esercito di persone che se si riversasse improvvisamente alla ricerca di lavoro, non trovando sbocchi, innalzerebbe sensibilmente i valori del tasso di disoccupazione, che sta lentamente scendendo.
Già altri studi, per esempio del Bruegel, indicavano come la crisi avesse esacerbato il problema tra i giovani: l’Italia vanta il poco gioioso primato dei Neet, ragazzi che non sono né al lavoro né agli studi. Eurostat ha invece quantificato che negli anni della crisi (2008-2015) sono cresciute, nel Vecchio continente, il numero di persone che non hanno cercato lavoro pur volendolo (+1,8 milioni), che aggiungono il già duro trend di crescita dei disoccupati (+6,1 milioni).
Il rapporto di Eurostat non si è limitato a indagare il fenomeno della forza lavoro potenziale, ma ha altresì registrato il numero di lavoratori part-time sotto-occupati, cioè che avrebbero volentieri rimpinguato il loro orario di lavoro. Gli europei a tempo parziale sono 44,7 milioni, due su dieci occupati, e di essi sono ben 10 milioni quelli che la statistica considera forzatamente in quella condizione: quasi un quarto (22,4%) di tutti i lavoratori a tempo parziale e il 4,6% del totale degli occupati. Il problema affligge in modo particolare le donne, che sono i due terzi dei sotto-occupati a tempo parziale. Almeno in questo caso, l’Italia non spicca per i suoi numeri: i sotto-occupati sono 748 mila, il 3,3% degli occupati.
Fonte: Repubblica.it
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