Che cos’è il Ttip, cosa prevede e perché sta facendo discutere

Potrebbe cambiare il commercio e insieme le vite dei cittadini di Usa e Ue. Ma ci sono tante incognite tra opportunità e rischi. I pareri a confronto di favorevoli e contrari.

Rivoluzionario o dannoso. Opportunità o condanna. Il dibattito sul Ttip si fa sempre più acceso; è materia complessa, ma toccando da vicino la vita dei cittadini merita di essere approfondita. In attesa di capire gli sviluppi delle trattative, abbiamo provato a fare chiarezza sui contenuti, sui nodi ancora aperti e soprattutto sulle ragioni dei favorevoli e contrari.

CHE COS’È

Il Ttip letteralmente “Transatlantic Trade and Investment Partnership” in Italiano viene definito “Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti”. È un accordo commerciale tra Gli Stati Uniti e l’Europa che prevede di integrare i due mercati attraverso l’abbattimento delle barriere economiche (i dazi) e quelle non tariffarie (regolamenti, norme e standard). L’obiettivo è consentire la libera circolazione delle merci nei rispettivi territori.

TEMPI E PASSAGGI PER L’APPROVAZIONE

Le trattative sono iniziate nel 2013 e sono tuttora in corso. L’obiettivo (non dichiarato) è quello di arrivare alla firma definitiva prima delle presidenziali Usa previste per l’8 novembre, ma viste le criticità che sono emerse negli ultimi mesi sembra davvero difficile che questo possa accadere. Usa e Ue stanno lavorando per giungere almeno a un documento di impegno condiviso. Se si concretizzerà la firma, il Ttip dovrà essere sottoposto al Parlamento europeo e, in caso di parere favorevole, ai 28 Stati membri dell’Ue che avrebbero facoltà di bloccarlo.

LE RAGIONI DEI FAVOREVOLI

Usa e Ue insieme rappresentano un mercato che vale il 50% del Pil mondiale (e oltre il 30% del commercio). Eliminare le barriere sarebbe l’opportunità di dare vita alla più grande area di libero scambio del mondo (800 milioni di consumatori). Una condizione fondamentale per far ripartire i consumi, favorire l’export e aumentare il livello di occupazione.

LE RAGIONI DEI CONTRARI

Un mercato globale così vasto non giocherebbe a favore di aziende, consumatori e ambiente perché porterebbe a un impoverimento della legislazione europea in materia di tutele. In particolare sarebbero a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle piccole e medie imprese minacciata dallo strapotere delle multinazionali Usa.

I PUNTI CRITICI

– Ricadute sul Pil
– Cibo e sicurezza alimentare
– Tutela dei prodotti tipici e del “Made in”
– Diritti dei lavoratori e occupazione
– Ambiente
– Controversie legali
– Farmaci
– Cosmetica, chimica e principio di precauzione

RICADUTE SUL PIL

I fautori del Ttip prevedono una ricaduta sul Pil (al 2027) tra i 68 e i 199 miliardi di euro per l’Ue e tra i 50 e i 95 miliardi per gli Usa. Uno studio del “Centre for Economic Policy Research” di Londra realizzato per la Commissione Ue ha stimato che l’aumento del Pil significherebbe una maggiore ricchezza di 545 euro a famiglia (ogni anno). Ma ci sono analisi che dicono il contrario. Il centro di ricerche austriaco Ofse per esempio stima che l’accordo farebbe perdere al budget europeo 2,6 miliardi l’anno.

CIBO E SICUREZZA ALIMENTARE

Oggi i tempi per ottenere il via libera all’esportazione di prodotti Ue in Usa sono proibitivi. Ci sono casi di attesa fino a 12 anni e i dazi talvolta rendono anti-economica l’operazione (per alcuni prodotti si supera il 100%). Il timore però è che l’abbattimento delle barriere apra le porte a prodotti Usa che finora sono vietati: verdure ogm, carne con ormoni e antibiotici, verdure trattate con pesticidi. In generale il rischio è quello di andare incontro a un abbassamento degli standard igienici e sanitari perché la legislazione Usa è meno stringente di quella europea rinunciando a etichettatura e tracciabilità dei prodotti. L’eurodeputato del Pd e presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale per la trattativa, Paolo De Castro, però assicura: «I principi su cui si basano i livelli di protezione dei cittadini-consumatori non sono oggetto di discussione».

TUTELA DEI PRODOTTI TIPICI E DEL “MADE IN”

Secondo i favorevoli, il Ttip offrirebbe una forte opportunità per l’export verso gli Usa anche e soprattutto per quei Paesi che hanno produzioni di qualità in settori di nicchia come l’Italia: dalla moda ai gioielli, ma anche il cibo e il design. Per il fronte del no l’apertura delle frontiere e la revisione delle legislature penalizzerebbe invece i prodotti di qualità che si vedrebbero schiacciati dal peso della grandi multinazionali. Sempre il centro di ricerche austriaco Ofse calcola che nel caso dell’Italia, delle 210 mila imprese che esportano le prime dieci detengono il 72% del volume totale, e dunque beneficerebbero maggiormente del trattato. Le altre soffrirebbero trovandosi a fare i conti con l’inevitabile invasione di prodotti made in Usa.

DIRITTI DEI LAVORATORI E OCCUPAZIONE

Nelle intenzioni dei promotori l’allargamento dei mercati dovrebbe provocare un aumento dell’occupazione snellendo le procedure e favorendo lo spostamento di forza lavoro. Il fronte del no invece ritiene che questo metta a rischio i diritti dei lavoratori che notoriamente nel vecchio continente godono di tutele e condizioni migliori. Su questo punto i promotori stimano che l’aumento delle produzione e quindi la ricchezza derivata sarebbe tale da compensare eventuali perdite in materia di diritti. Sul tema è intervenuta anche Tiziana Beghin, capo delegazione del M5S al Parlamento europeo: «Pensate al “Nafta” (il North American Free Trade Agreement, ndr). Negli Stati Uniti invece dei 500 mila posti di lavoro in più, ce ne sono stati un milione in meno. E in Messico nel solo settore agricolo si sono persi 2 milioni di posti di lavoro, spazzati via dalla produzione dei grandi agro-business. Questo è quello che succede quando si mettono due sistemi diversi a competere». E anche il centro di ricerche austriaco Ofse stima che l’occupazione non aumenterebbe.

AMBIENTE

Oltre al tema del cibo e della sicurezza alimentare, l’approvazione del Ttip potrebbe interessare anche l’ambiente e il mondo dell’energia. Per esempio Usa e Ue hanno normative molto diverse in tema di estrazioni. Greenpeace denuncia che l’apertura del nuovo mercato globale potrebbe causare l’abolizione dei limiti per la ricerca di petrolio mediante la tecnica del fracking o ancora facilitare l’esportazione da sabbie bituminose (tecniche ad alto impatto ambientale). Anche Legambiente ha espresso forti perplessità sul Ttip invitando alla mobilitazione.

CONTROVERSIE LEGALI

Un’altra novità sarebbe la creazione di appositi tribunali speciali (Isds) che avrebbero il compito di risolvere le controversie (sul trattato) tra aziende straniere e governi nazionali senza doversi affidare alla giustizia ordinaria. «Un nuovo sistema giudiziario, gestito da giudici nominati pubblicamente e soggetto a regole di controllo e di trasparenza – si legge nel documento approvato dai parlamentari Ue – dovrebbe sostituire le corti arbitrali private». Un modo per snellire e le procedure e accorciare i tempi, ma secondo i contrari al Ttip la forza delle multinazionali potrebbe falsare la concorrenza. Una grande azienda statunitense potrebbe infatti citare in giudizio un Paese europeo denunciano un’irregolarità, cosa impossibile per una piccola media impresa.

FARMACI

I sostenitori del Ttip sostengono che una collaborazione tra la Food and Drug Administration (Usa) e la European Medicines Agency (Ue) migliorerebbe la sicurezza dei farmaci e dei dispositivi medici: negli Usa per esempio protesi e valvole cardiache sono soggette a normative molto stringenti. Chi si oppone al Trattato invece reputa l’apertura del mercato molto rischiosa: in Europa i prezzi vengono stabiliti tra case farmaceutiche e governi, in più i principi attivi alla scadenza dei brevetti possono essere utilizzati per dar luogo a medicinali generici. In futuro la pressione delle grandi case farmaceutiche Usa potrebbe impedirlo.

COSMETICA, CHIMICA E PRINCIPIO DI PRECAUZIONE

Anche nel campo della cosmetica i promotori vedono grandi opportunità. Francia e Italia che sono tra i principali Paesi esportatori potrebbero beneficiare di nuove fette di mercato. Il problema riguarda le oltre 1300 sostanze che l’Ue considera a rischio per la salute. In Usa se ne contano solo 11. E questo approccio riguarda più in generale tutta le sfera della chimica: la legislazione europea è basata sul cosiddetto “principio di precauzione” secondo cui un prodotto o una sostanza vengono autorizzati solo se c’è un’evidente assenza di rischi. In Usa invece è sufficiente l’assenza dell’evidenza di un rischio. Se le procedure dovessero essere riviste al ribasso a farne le spese potrebbero essere i consumatori.

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Fonte: La Stampa

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